Appello al Governo italiano: “No alla reiterazione delle misure transitorie per i lavoratori croati” – 23/06/2015

Cort. att.ne del Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteo Renzi
c/o Presidenza del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 – Roma

Cort. att.ne del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Giuliano Poletti
c/o Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Via Veneto, 56
00187 – Roma

Cort. Att.ne del Ministro dell’Interno
Angelino Alfano
c/o Ministero dell’Interno
Piazza del Viminale, 1
00184 – Roma

Trieste, 23 giugno 2015

OGGETTO: richiesta di non reiterazione delle misure transitorie sulla libera circolazione a scopo di lavoro dei cittadini croati in Italia, dopo il 30 giugno 2015

Egregio Signor Presidente, Egregi Signori Ministri,

come noto, il prossimo 30 giugno scadrà il periodo di due anni, durante il quale i cittadini croati (divenuti comunitari il 1° luglio 2013) sono stati sottoposti alle misure transitorie sul diritto alla libera circolazione a scopo di lavoro, adottate dall’Italia all’indomani dell’ingresso della Croazia nell’Unione europea.

Con la presente, il Consiglio Sindacale Interregionale (C.S.IR.) Friuli Venezia Giulia/Veneto/Croazia Sudoccidentale CGIL, CISL, UIL, SSSH (l’associazione nata nel 1995 e preposta alla cooperazione sindacale tra Italia e Croazia e alla tutela dei lavoratori frontalieri che si muovono tra i due paesi), vi chiede di adoperavi perché il Governo italiano non reiteri tali misure anche per il triennio 1° luglio 2015-30 giugno 2018.

Per quanto le misure adottate dall’Italia poco meno di due anni fa e rese note con una Circolare congiunta dei Ministeri dell’Interno e del Lavoro e delle Politiche Sociali del 2 luglio 2013 avessero concesso alcune aperture ai cittadini croati in determinati settori (in particolar modo quelli del lavoro domestico, del lavoro stagionale e dei lavoratori altamente qualificati), il segnale arrivato alle opinioni pubbliche italiana e croata è stato quello di una chiusura totale del mercato del lavoro italiano.

Questo stato di cose non ha prodotto il ben che minimo risultato in termini di emersione del lavoro nero dei cittadini croati già impiegati nel mercato del lavoro italiano e, in particolare, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto (nemmeno nei settori che erano stati da subito liberalizzati!), i quali impediti di fatto nell’intraprendere un’attività di lavoro regolare da cittadini di un paese terzo (quali erano fino al 30 giugno 2013, quando erano costretti a confrontarsi con le difficoltà, le chiusure e le farraginosità dei decreti flussi, nonché con le carenze normative dedicate ai lavoratori frontalieri), hanno continuato ad avere il mercato del lavoro praticamente del tutto sbarrato.

Viceversa, se il Governo italiano avesse già all’epoca deciso di aprire il mercato del lavoro nazionale ai cittadini croati, ciò avrebbe fatto venir meno ogni alibi all’esistenza del lavoro sommerso, favorendo le condizioni per l’emersione di tali posizioni lavorative, la costituzione di rapporti di lavoro legali e l’eliminazione di consistenti fenomeni di dumping sociale che invece continuano purtroppo a perturbare il mercato del lavoro delle regioni del nord-est italiano.

È noto infatti che i lavoratori croati e sloveni, soprattutto quelli frontalieri (la maggior parte di essi) hanno avuto sin dai tempi della Jugoslavia un accesso facilitato al territorio italiano, in virtù degli accordi bilaterali sul traffico di frontiera dapprima sottoscritti tra Italia e Jugoslavia e, dal 1991, ereditati da Slovenia e Croazia. Inoltre, la politica agevolata sui visti d’ingresso per soggiorni brevi, reciprocamente intrapresa dai tra i 3 paesi, ha facilitato al massimo la circolazione di tali persone. E’ dunque questo il contesto (caratterizzato da significativa agevolazione nel flusso delle persone e, per converso, da spiccata rigidità e burocrazia nell’instaurazione dei rapporti di lavoro) in cui si è costituita nel corso dei decenni una consistente sacca di lavoro irregolare e sommerso in settori chiave del mercato del lavoro delle regioni del nord-est italiano, che riguarda molte migliaia di lavoratori provenienti da Croazia e Slovenia, soprattutto frontalieri e molto spesso donne.

Ora, alla vigilia della scadenza di questo primo biennio di misure transitorie e nell’imminenza di una nuova decisione da assumere sull’argomento, il C.S.IR. vi chiede di non reiterare queste misure, di non favorire quindi nemmeno indirettamente il mantenimento di questo stato di cose per ulteriori tre anni, ma di concedere invece la piena parità di diritti ai cittadini croati rispetto all’accesso al mercato del lavoro che già hanno in Italia tutti gli altri cittadini dell’Unione europea.

Certi dell’attenzione che vorrete riservare a questa nostra richiesta e disponibili a fornirvi qualsiasi chiarimento sull’argomento, inviamo

Distinti saluti,

Il Presidente del Consiglio Sindacale Interregionale
Friuli Venezia Giulia/Veneto/Croazia Sudoccidentale
CGIL, CISL, UIL, SSSH
Michele Berti